Il sistema linee vita comprende dispositivi di tipo A, di tipo B, di tipo C, di tipo D e infine di tipo E.

Con il termine linee vita, nel linguaggio comune, si intende sistemi anticaduta posti su coperture atte a migliorare la sicurezza degli operatori che svolgono lavori in quota.

La parola “Linea” fa riferimento alla tipologia di dispositivo di ancoraggio ovvero un cavo flessibile disposto orizzontalmente, mentre col termine “Vita” il riferimento è volto alla finalità di questi prodotti ovvero di salvare la vita delle persone che ne fanno uso.

Le Linee Vita sono necessarie quando un lavoro viene svolto ad un’altezza superiore ai 2 metri da un piano di calpestio stabile.

Come nascono le Linee vita?

La progettazione delle linee vita è generalmente soggetta alla norma tecnica EN 795:2012 che descrive 5 tipologie di sistemi anticaduta in base alle sue caratteristiche:

-Tipo A: Punti di ancoraggio singoli;

-Tipo B: Dispositivo di ancoraggio removibile;

-Tipo C: Dispositivo di ancoraggio a linea flessibile;

-Tipo D: Dispositivo di ancoraggio a linea rigida;

-Tipo E: Dispositivo di ancoraggio zavorrato.

Linea Vita: Dispositivo di ancoraggio di Tipo C

La tipologia più comune di Linea Vita è il Tipo C, ovvero il Dispositivo di ancoraggio a linea flessibile. Si tratta della vera e propria linea vita costituita da due o più supporti e da una fune flessibile, generalmente in acciaio, a cui l’operatore può agganciarsi mediante i suoi DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) in dotazione.

Questa soluzione comporta una maggiore ergonomia rispetto ai punti singoli in quanto l’operatore può compiere lunghe distanze senza mai doversi staccare dal dispositivo.

Come funziona una Linea vita?

La Linea Vita è il dispositivo di ancoraggio per tetti maggiormente impiegato nella progettazione di messa in sicurezza di una copertura in quanto consente un’ampia libertà di azione e di movimento. L’operatore agganciato ad una linea vita, attraverso un opportuno dispositivo di collegamento, è protetto da una eventuale accidentale caduta in quanto la linea flessibile raggiunta la sua massima deformazione esercita un’azione di richiamo che tende a smorzare gli effetti dell’evento.

La presenza di un elemento di assorbimento dell’energia impulsiva, che si genera in occasione di una caduta, è di fondamentale importanza, in quanto permette di attenuare lo sforzo risultante che arriva ai supporti di estremità, limitandolo a valori compatibili con l’esecuzione di un normale fissaggio strutturale.

L’installazione della Linea Vita

L‘installazione della Linea vita, deve essere eseguita in maniera assolutamente corretta, seguendo le indicazioni del fabbricante, collaudando il sistema secondo indicazione del costruttore, testandone l’efficienza e la corretta posa.

È quindi indispensabile affidare la progettazione e l’installazione di una Linea vita soltanto a personale qualificato ed esperto.

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Gli spazi confinati sono ambienti limitati dove, per la presenza di sostanze tossiche o di particolari fattori di pericolo il rischio di infortuni o di morte è molto elevato ed è fondamentale l’utilizzo di dispositivi di protezione.

Due dei requisiti sono indispensabili per la prevenzione dei rischi correlati alle attività negli ambienti confinati:

-la messa a disposizione, da parte del datore di lavoro di adeguati dispositivi di protezione, di attrezzature di lavoro, di strumentazioni per il controllo dell’atmosfera all’interno dei luoghi di lavoro;

-il possesso dell’idoneità sanitaria alla mansione da parte dei lavoratori.

L’art. 74 del D.Lgs. 81/08 fornisce la seguente definizione di DPI: “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”.

I D.P.I. devono essere sempre utilizzati qualora il pericolo non possa essere eliminato o evitato. Quindi, devono sempre essere presenti quando si lavora negli ambienti confinati. Devono, inoltre, essere adeguati al tipo di rischio che il lavoratore corre nello svolgere il suo lavoro e tenere conto dell’esigenze ergonomiche di chi dovrà utilizzarli.

A seconda dei casi specifici, le attrezzature richieste per gestire efficacemente le situazioni di rischio sono:

– imbragature di sicurezza;

– dispositivi di ancoraggio (per la protezione dalle cadute dall’alto);

– guanti di protezione;

– maschere con filtro o respiratori isolanti (a seconda degli agenti chimici presenti e della concentrazione di ossigeno nell’aria);

– elmetto per la protezione della testa;

– protezione per gli occhi (se esposti a sostanze pericolose o schegge);

– indumenti di protezione;

– calzature di sicurezza.

I dispositivi che permettono la protezione delle vie respiratorie vanno sempre utilizzati quando si lavora in spazi ristretti o dalle temperature non idonee, quando si rischia intossicazione da gas o vi è una carenza di ossigeno, in prossimità di altiforni, quando sono presenti fumi di metalli pesanti o polveri, per i lavori in pozzetti, canali e vani sotterranei della rete fognaria.

È importantissimo, inoltre, che chi è destinato ad utilizzare i D.P.I. venga adeguatamente formato sulla funzione e sul modo di utilizzo. Secondo quanto stabilito dal D.Lgs.81/08, datore di lavoro e personale che operano in ambienti sospetti di inquinamento o confinati sono obbligati a ricevere un’adeguata formazione e addestramento.

Infine i D.P.I. devono essere conformi e possedere la marcatura CE, che garantisce che il produttore, o chi per lui, possa mostrare, qualora gli venga richiesto, la dichiarazione di conformità CE.

Per poter svolgere i lavori negli spazi confinati, contatta il team di Icon Snc:

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Quando si parla di valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro non si può non parlare dei compiti e delle responsabilità dell’RSPP, cioè del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.

Il D. Lgs. 81/08 definisce tutti gli attori protagonisti della gestione della sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro. Uno di questi è proprio il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP).

Chi è l’RSPP?

L’RSPP, acronimo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, è la persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali designata dal datore di lavoro, a cui deve rispondere, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

Questo servizio provvede a individuare i fattori di rischio, elaborare delle misure preventive e protettive per la sicurezza e la salubrità degli ambenti di lavoro, proporre programmi di informazione e formazione e fornire specifiche informazioni ai lavoratori sui rischi potenziali e sulle misure di prevenzione da adottare.

Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione è tenuto a coordinare tutte le figure della sicurezza (preposti/fiduciari, RLS, addetti all’evacuazione, al primo soccorso e all’antincendio) al fine di valutare i rischi e redigere l’apposito documento (DVR). Oltre al Documento di Valutazione dei Rischi, è suo compito stilare un Piano di Gestione Emergenza e segnalare all’Ente Proprietario degli immobili (nel caso delle scuole, Comuni o Provincie) eventuali inadempienze o irregolarità riscontrate durante la valutazione.

Per essere nominato RSPP è necessario aver partecipato a specifici corsi di formazione, con verifica di apprendimento, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative; in materia di prevenzione e protezione dei rischi; di organizzazione e gestione delle attività tecnico amministrative; di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali.

In conclusione:

Dunque, il RSPP esercita una funzione consultiva e propositiva.

In particolare:

-rileva i fattori di rischio, determina nello specifico i rischi presenti ed elabora un piano contenete le misure di sicurezza da applicare per la tutela dei lavoratori;

-presenta i piani formativi ed informativi per l’addestramento del personale;

-collabora con il datore di lavoro nella elaborazione dei dati riguardanti la descrizione degli impianti, i rischi presenti negli ambienti di lavoro, la presenza delle misure preventive e protettive e le relazioni provenienti dal medico competente, allo scopo di effettuare la valutazione dei rischi aziendali.

Un buon coordinamento tra il progettista del sistema anticaduta e il RSSP permette di minimizzare i costi d’impianto senza compromettere o rallentare eccessivamente le attività lavorative. Importante in questa fase, valutare con occhio specialistico, le condizioni tecniche delle strutture circostanti e preesistenti che possono risultare utili come supporto per eventuali sistemi anticaduta. 

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Imbracatura di sicurezza per lavorare in tutta tranquillità

La scelta dell’imbracatura di sicurezza è fondamentale per i lavori in quota, le attività di salvataggio o il lavoro in ambienti confinati.

Oltre a fornire sicurezza e resistenza totali, un’imbracatura deve assicurare funzionalità, comfort e flessibilità per ridurre la fatica del lavoratore e permettergli di lavorare al meglio.

Qual è l’imbracatura anticaduta migliore?

Non esiste una risposta univoca a questa domanda e tutto dipende dal tipo di lavoro da svolgere, dal settore o dalle esigenze.

La normativa

La normativa prevede che le imbracature ricadono sotto tre norme tecniche europee: EN 361 per le imbracature progettate per assorbire le forze di una caduta, EN 358 per il posizionamento sul lavoro e la EN 813 per le cinture con cosciale.

La distinzione

La distinzione tra le imbracature avviene principalmente per il numero e la posizione dei punti di attacco:

-2 punti: uno dorsale e l’altro sternale, queste imbracature, più leggere, sono le più comuni per i lavori in quota;

-4 punti: oltre al dorsale e allo sternale, se ne aggiungono due laterali progettati per il posizionamento sul lavoro. Tali imbracature sono conformi alla EN 361 ed ad una o entrambe le norme EN 358 e EN 813;

-5 punti: c’è un quinto, frontale a livello della vita, per l’accesso e le lavorazioni su fune.

Poi ci sono le imbracature progettate per spazi confinati che, oltre ad avere i punti di attacco standard, presentano delle cinghie sulle spalle per agevolare le operazioni di soccorso.

Per scegliere l’imbracatura, quindi, è fondamentale definire la tipologia di lavoro da eseguire, valutare la frequenza d’utilizzo al fine di scegliere dispositivi più resistenti e meno soggetti all’usura e che presentano delle fibbie ad aggancio rapido.

Gli accessori

Inoltre, è possibile scegliere una serie di accessori e caratteristiche che meglio si adattano alla casistica di utilizzo. Per riportarne alcune abbiamo imbracature con gilet ad alta visibilità integrata, antistatiche per ambienti con atmosfere potenzialmente esplosive, dispositivi oleofughi e antimacchia, dielettriche per lavorazioni con rischio folgorazione ed accessori come cinghie antitrauma che permettono di scaricare il peso durante la sospensione post arresto trasferendo la pressione dalla zona femorale/inguinale agli arti inferiori.

L “imbracatura” da lavoro, è un dispositivo di protezione individuale rispondente ad una normativa più rigida: si parte infatti dal presupposto che un lavoratore che debba usare un imbrago deve rivolgere la propria attenzione al lavoro che svolge, e non alla situazione in cui si trova. Pertanto, sono richieste norme di sicurezza più stringenti.

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DPI Protezione Vie Respiratorie: Caschi, Maschere e Respiratori fanno parte dei Dispositivi di Protezione Individuale utilizzati per proteggere la respirazione da polveri, nebbie, fumi, gas e vapori.

Il D.Lgs. 81/08 definisce i DPI come “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”.

Secondo l’allegato VIII del D.Lgs. n. 81/08, sono classificati in base alla parte del corpo che proteggono: DPI per la testa; DPI per l’udito; DPI per occhi e viso; DPI per le vie respiratorie; DPI per mani e braccia; DPI per piedi e gambe; DPI per la pelle; DPI per tronco e addome; DPI per l’intero corpo; indumenti di protezione;

I dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie sono strumenti studiati e certificati per ridurre al minimo i rischi dei lavoratori che, durante lo svolgimento delle loro attività, possano subire danni alle vie respiratorie.

Le polveri, le nebbie, i fumi, i vapori e i gas, sono i principali nemici delle vie respiratorie che oltre ad essere in alcuni casi letali, sono insidiosi in quanto la maggior parte delle volte essi sono invisibili.

Questi DPI respiratori sono molto importanti sia per proteggersi da inalazione di sostanze che possono comportare conseguenze immediate (intossicazioni, shock, perdite di coscienza, ecc.) sia da rischi che possono presentarsi più avanti nel tempo (es. malattie o tumori).

Tipologie dei DPI per le vie respiratorie

I DPI per le vie respiratorie si suddividono in due grandi categorie: i respiratori a filtro e quelli isolanti.

I respiratori a filtro, filtrano l’aria, ma non proteggono contro l’insufficienza di ossigeno. E sono:

-semimaschere filtranti, mascherine monouso, indicate per la protezione da inquinanti particellari;

-semimaschere dispositivi riutilizzabili che coprono naso, bocca e mento e sono dotati di valvola di espirazione. Sono normalmente dotati di uno o più filtri sostituibili.

-maschere pienofacciali sono dispositivi che coprono tutto il viso. Sono dotate di una valvola di espirazione e forniscono una tenuta migliore rispetto alle semi-maschere. Proteggono sia le vie respiratorie che gli occhi e il viso.

-Su maschere e semimaschere vengono inseriti filtri che possono essere antigas, antipolvere o combinati.

I respiratori isolanti, invece, proteggono sia dalla presenza di inquinanti che dall’insufficienza di ossigeno. Qualche esempio:

-respiratori isolanti autonomi: si dividono in respiratori a circuito aperto (ad erogazione a domanda a pressione positiva o negativa) o a circuito chiuso (a ossigeno compresso o a ossigeno chimico);

-respiratori isolanti non autonomi: si dividono in respiratori con presa d’aria esterna (non assistiti, assistiti manualmente o assistiti con motore) o ad adduzione d’aria compressa (a flusso continuo, ad erogazione a domanda con pressione positiva o negativa).

Questi dispositivi vengono usati in ambienti con ossigeno carente (inferiore al 17%), con concentrazione elevata di inquinanti o in ambienti confinati, dove non si conosce la natura e pericolosità degli inquinanti.

ICON SNC gestisce un efficiente centro di manutenzione e revisione DPI, funi e apparecchi per la protezione delle vie respiratorie.

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Gli spazi confinati: come gestire il lavoro e le emergenze?

In questi ultimi anni il tema della pericolosità dei cosiddetti “spazi confinati” è salito alla ribalta delle cronache: Ciò a causa di gravi infortuni mortali ripetutesi con dinamiche spesso molto simili tra loro che hanno messo in evidenza diverse criticità.

La pericolosità di uno spazio confinato consiste:

-aperture d’ingresso e uscita limitate,

-abbastanza grande da entrarci, almeno parzialmente (ad es. per attività di manutenzione, pulizia o altro),

-non progettato per una presenza umana continua,

-con un’inadeguata ventilazione naturale,

-contenente una potenziale atmosfera tossica e/o pericolosa.

Il D.P.R. 177/2011 stabilisce una serie di linee generali sviluppate nell’ottica di contrastare l’alto tasso di infortuni in questi contesti. Il decreto prevede che l’azienda che opera in tali ambienti, formi il personale (compreso il datore di lavoro se opera direttamente nell’attività) con un vero e proprio corso spazi confinati.

In particolare, è fondamentale aver effettuato attività di informazione e formazione a tutto il personale mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività. Oltre a ciò è necessario effettuare addestramento per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Partendo appunto dalla analisi di procedure di sicurezza coerenti con quanto disposto dal D.Lgs 81/2008.

Un altro aspetto fondamentale delle attività svolte in ambienti sospetti di inquinamento o spazi confinati è dato dall’insieme delle misure di primo soccorso da adottare per far fronte alle possibili emergenze che dovessero verificarsi in corso d’opera.

La normativa vigente (artt. 66 e 121, allegato IV punto 3.2.3 del D.Lgs. 81/08), prevede la presenza delle seguenti quattro misure che costituiscono i fondamentali per una gestione del soccorso:

  • presenza di personale che stazioni all’esterno dello spazio confinato (da considerarsi come i primi soccorritori):
  • vigilanza continua da parte del personale posizionato all’esterno su ciò che accade all’interno dello spazio confinato;
  • presenza di un sistema di recupero dei lavoratori. La scelta del sistema di recupero e del numero di soccorritori da posizionare all’esterno dello spazio confinato non potrà prescindere dal numero di lavoratori entrati nello spazio confinato e dalle caratteristiche dello spazio confinato.
  • presenza di aperture idonee all’uscita: è un parametro che condiziona in modo determinante la buona riuscita dell’operazione di soccorso e potrebbe essere un limite strutturale invalicabile.

Insicurezza o In sicurezza?

Lavorare in sicurezza si può, anche negli ambienti confinati! Contatta Icon snc: Team professionale e specializzato. https://www.iconsnc.it/portfolio-articoli/spazi-confinati/

L’industria e l’edilizia richiedono sempre più operatori su fune, un lavoro altamente specializzato che richiede professionalità e tecnica.

L’operatore su fune è un professionista che opera nel settore dei lavori in quota utilizzando come sistema di protezione diversi strumenti anticaduta, fra i quali la fune.

Gli ambiti lavorativi di un operatore su fune riguardano quasi tutti i settori produttivi.

Chi può fare lavori su funi?

Per i lavori in quota su fune è fondamentale non avere problemi con l’altezza da terra, e quindi con il vuoto. Che il vuoto possa procurare timore è assolutamente normale, ma sono sensazioni che dovrebbero sparire mano a mano che il vuoto diventa in qualche modo più familiare. Se questo non avviene significa che il vuoto ci procura un senso di ansia e paura di cui molto probabilmente ci liberemo con maggior difficoltà, o addirittura mai.

Per poter pensare di diventare un operatore su fune è quindi necessario sapere di sé stessi che il vuoto non ci ha mai procurato particolari problemi, o eventualmente bisogna sperimentare se in effetti sarà così.

Come si diventa operatori su fune?

Il lavoro su fune ha delle regole che non si basano né sul risparmio del tempo né sulle scorciatoie sulla sicurezza. Al contrario, è un lavoro difficile e molto professionale che, contrariamente a quello che si pensa, si fa anche in Italia da molti anni, con molte aziende e centri di formazione specializzati nei lavori più difficili.

Per diventare operatore su fune è necessario frequentare un Corso da Operatore per l’esecuzione di lavori temporanei in quota con l´impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi su siti Artificiali e Naturali (MODULO A).

La nostra esperienza pluriennale ci permette di formare e preparare:

– operatore – tecnici – imprese del settore sul corretto utilizzo dei sistemi anticaduta, garantendo una formazione professionale su:

lavori su fune Modulo A e Modulo B alberi

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I lavori di manutenzione sulle facciate e tetti condominiali e l’eventuale utilizzo di edilizia su fune.

I lavori su fune sono una particolare tipologia di lavori in quota in cui non vengono impiegati ponteggi, ma gli operatori si calano dall’alto, ancorati a particolari sistemi di protezione.

Una grande opportunità per lavori condominiali: non solo rappresenta un risparmio in termini di costo, ma non ci sarà nessun ingombro, totale libertà di accedere all’edificio, di prendersi cura di piante su terrazzi e balconi ed eliminazione del rischio d’intrusioni in casa dall’esterno, anche durante i lavori.

Ricorrere all’edilizia su fune potrebbe risultare quindi una soluzione economica e non invasiva per il condominio.

Per svolgere questo lavoro gli operatori devono essere formati su competenze e tecniche derivanti dall’ambito dell’alpinismo, della speleologia e dell’arrampicata.

Gli operatori, quindi, oltre a essere dotati di dispositivi di sicurezza testati e certificati, devono aver svolto specifici corsi di formazione e addestramento regolamentati dal d. lgs 81/08.

C’è da dire, però, che i lavori su fune sono ammessi solo in casi particolari dove potrebbe risultare difficile o particolarmente sfavorevole l’allestimento di un ponteggio, ma solo dopo un’attenta valutazione dei rischi dalla quale emerga come l’uso del ponteggio sia praticamente impossibile.

Per fare ciò è necessario valutare:

  1. a) impossibilità di accesso con altre attrezzature di lavoro
  2. b) pericolosità di utilizzo di altre attrezzature di lavoro
  3. c) impossibilità di utilizzo di mezzi di protezione collettiva
  4. d) esigenza di urgenza d’intervento giustificata
  5. e) minore rischio complessivo rispetto alle altre soluzioni operative
  6. f) durata limitata nel tempo dell’intervento
  7. g) impossibilità di modifica del sito ove è posto il luogo di lavoro.

 

Garantiamo una formazione professionale su lavori su fune Modulo A e Modulo B alberi.

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Prima di svolgere attività in un ambiente confinato, è necessario valutarne i rischi al fine di determinare le misure di prevenzione e protezione che garantiscano la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Al fine di prevenire gli infortuni negli ambienti confinati, è fondamentale adottare le procedure preliminari.

Quali sono?

-Le attività lavorative negli ambienti confinati devono essere esercitate solo da lavoratori o imprese qualificate, che posseggano specifici requisiti previsti dal D.P.R. 177/11. È fondamentale che il datore verifichi ciò.

-Inoltre, deve nominare un responsabile degli interventi che autorizzerà le operazioni da svolgere preliminarmente e l’ingresso degli operatori dopo la verifica dell’attuazione delle procedure di bonifica stabilite.

Il responsabile degli interventi può essere anche lo stesso datore di lavoro, il dirigente o il preposto.

-Il datore dovrà verificare la corrispondenza tra la documentazione in possesso e lo stato reale del sito e la presenza di eventuali rischi interferenti con l’attività da porre in essere. In seguito, dovrà aggiornare la valutazione dei rischi, tenendo conto dei rischi presenti, dei rischi derivanti da attività lavorative precedenti e dei rischi derivanti dal mutamento delle condizioni ambientali e di lavoro iniziali.

– Definire specifiche procedure operative che stabiliscano:

tipologia e descrizione dell’ambiente confinato e rischi indotti dal contesto in cui si opera, tipologia di lavorazioni e rischi associati ad esse;

le modalità per accertare l’assenza di pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori;

le procedure con le quali effettuare una bonifica nel caso di presenza di sostanze pericolose.

-Stabilire procedure di gestione delle emergenze in relazione al rischio presente.

-Formare ed addestrare i lavoratori coinvolti nell’attività con riferimento alle procedure predisposte, all’uso dei dpi e delle attrezzature di lavoro e di soccorso e ai rischi presenti.

-Preparare un apposito modulo autorizzativo per l’ingresso all’ambiente confinato, nel quale siano individuate le figure coinvolte, le misure generali di prevenzione e le misure specifiche.

Icon snc organizza corsi per ambienti confinati.

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Per la sicurezza dell’operatore è fondamentale l’analisi visiva dell’albero sul quale si andrà a lavorare per verificare che vi siano le condizioni essenziali di applicabilità della tecnica di lavoro con funi.

Dunque:

-va analizzata la pianta alla ricerca di rami spezzati sospesi che rappresenterebbero già di per sé un pericolo diretto;

-prestare attenzione alla presenza di edere od altri rampicanti;

-verificare la presenza di nidi di vespe o calabroni, che se scoperti all’ultimo momento durante il lavoro possono essere fonte di grosso pericolo.

Per ultimo, una pianificazione del lavoro e della scelta delle vie di risalita e di discesa farà risparmiare tempo e fatica.

La Salita

Analizzata la struttura della pianta, si può procedere con la salita. La salita verrà eseguita con il metodo denominato foot-lock (chiudere con i piedi) e il metodo di auto-assicurazione avverrà con nodo prussik o bloccante meccanico adatto.

Il metodo normalmente utilizzato per una salita veloce e relativamente poco faticosa, consiste nel posizionamento della corda nella chioma attraverso il lancio di un sacchetto con sagola attaccata. Questo può avvenire manualmente oppure con l’ausilio di una grossa fionda. Posizionata la corda si può salire.

È fondamentale, poi, la scelta del punto di ancoraggio: l’ancoraggio deve risultare centrale per ciò che si deve eseguire e che faciliti il lavoro.

Il Lavoro

I movimenti di lavoro avverranno per raggiungere i punti dove si deve operare. Il rischio maggiore durante il lavoro in pianta, è rappresentato non tanto dalle cadute, dato l’ancoraggio della corda sempre più alto dell’operatore, ma bensì dai “pendoli”.

Il pendolo avviene ovviamente quando il punto di ancoraggio della corda non è situato esattamente sulla verticale del climber.

Per evitare pendoli durante la fase di lavoro, il climber sarà vincolato all’albero non solo dalla corda di sicurezza sempre presente, ma anche contemporaneamente da una “longe” o cordino di posizionamento EN 354.

La Discesa

Terminato il lavoro, l’operatore scenderà a terra, facendo sempre attenzione che la corda di discesa permetta con la sua lunghezza di arrivare fino a terra, in caso contrario o anche solo di dubbio, è necessario fare un nodo di sicurezza alla sua estremità.

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